Nasce una nuova collana di poesia intitolata “LE ZANZARE” ; una collaborazione tra l’Associazione Culturale Movimento dal Sottosuolo e l’editore mantovano Gilgamesh Edizioni, diretta da Andrea Garbin.
da venerdì 16 maggio a domenica 18 maggio saremo in tuor con gli autori dei primi due libri della collana:
NELLA PANCIA DELLA BESTIA, di Nenad Comrade Glišić
(traduzione di Francesca Leonardi; copertina realizzata dal poeta Sandro Sardella). Prima edizione in 61 copie numerate e autografate.
LA TERRA (non è) IL CIELO! di Beppe Costa
(copertina realizzata dalla pittrice e poetessa Shikanu’ E Basta). Prima edizione in 91 copie numerate e autografate.
(Tutti i ritratti che costituiscono le copertine dei libri in collana sono realizzate da poeti)
nelle seguenti sedi:
Venerdì 16 maggio, alle ore 18:30, nel foyer del Teatro Sociale di Mantova. Evento promosso dal Caffè Sociale. Relatori Andrea Garbin, Dario Bellini e Stefano Iori.
Traduzioni di Fabio Barcellandi e Francesca Leonardi.
Ingressi: Piazza Cavallotti; Piazza Teofilo Folengo; Corso Umberto I, 2B (Mantova).

Sabato 17 Maggio, alle ore 18:00, Museo Ken Damy di Brescia.
Relatore Andrea Garbin.
Traduzioni di Fabio Barcellandi e Francesca Leonardi.
Ingressi: Corsetto S.Agata 22, Loggia delle mercanzia, Brescia.

Domenica 18 maggio, alle ore 18:00, Galleria Decorarte Arte Antiquariato Design di Asola (MN).
Relatori Andrea Garbin e Dario Bellini.
Traduzioni di Fabio Barcellandi e Francesca Leonardi.
Ingressi: via Giuseppe Mazzini 94, Asola (MN).

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Nenad Glišić è nato nel 1972 a Kragujevac in Jugoslavia. Poeta e scrittore, editore e performer. Ha pubblicato 9 libri: patria, tu sei come la cirrosi per il
fegato (Poesie, 1992), inni dei Kamikaze (Poesia,
1998), Fiori di Hiroshima (Haiku, 2001), canti di natura
e società (Poesie per bambini, 2004), tutto sui maldicenti (Romanzo, 2004), persone e situazioni
(Storie brevi, 2007), Anachronicles (Poesia, 2009), All’ombra dell’albero della conoscenza (Poesia, 2010),
Ere. cicli (Poesia, 2013). Si è esibito anche come musicista sperimentale e artista multimediale. Vive a Kragujevac, in Serbia.
Beppe Costa, nato in Sicilia, vive a Roma. Nel 1976
fonda la casa editrice Pellicanolibri, divenuta poi una
libreria ancora oggi frequentatissima, pubblicando,
primo in Italia, scrittori di fama internazionale. È autore
di svariati libri di narrativa e di poesia, tra cui Impaginato per affetto (Pellicanolibri) vincitore del
“Premio Alfonso Gatto” nel 1990; Anche ora che la
luna (Multimedia Edizioni) nel 2010, anche in versione
CD; Rosso: poesie d’amore e di rivolta (Volo
Press) nel 2013. Fa applicare per la prima volta in Italia la “Legge Bacchelli” a favore di Anna Maria Ortese. Nel 2011, con Stefania Battistella esce il CD Di me, di altri, ancora. Tra gli amici più cari: Alnordo Foà, Fernando Arrabal, Alberto Moravia, Dario Bellezza,
Adele Cambria, coi quali ha collaborato. Di lui hanno avuto modo di scrivere, tra gli altri, Mauro Macario, Giacinto Spagnoletti, Luce D’Eramo, Antony Costantini, Lia Levi, Silvano Agosti, Denise
Waltz Ferreri e molti altri. Attualmente dirige la collana
“Inediti rari e diversi” per la Seam Edizioni.
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LE ZANZARE – Editoriale:
Quando penso alle zanzare mi vengono in mente i poeti. Per me che vivo in provincia di Mantova è consuetudine trovarmi a discutere con altri poeti in situazioni e luoghi infestati dalle zanzare. Ovviamente queste condizioni si presentano solo in un determinato periodo dell’anno. Mi accade allora di rispolverare un vecchio libro, uno dei primi, di Faulkner, intitolato Mosquitos (Zanzare, appunto); di ritrovarmi nella stessa situazione in cui si trovano i protagonisti di quel romanzo, che fu tra l’altro un fallimento editoriale, tanto da costare la rescissione del contratto al futuro premio Nobel. Quelle zanzare che l’autore non menziona mai nella narrazione, ma di cui si percepisce la fastidiosa presenza, mi fanno venire in mente due aspetti necessari, e di rilevante importanza, affinché un individuo possa essere ritenuto poeta a tutti gli effetti. Il poeta deve saper vivere il silenzio, deve assorbirlo, deve non farsi notare dal mondo per poterlo assimilare e comprendere nel profondo, deve restare in disparte per un certo periodo di tempo, durante il quale però la sua mente e il suo cuore maturano una costante attività di osservazione, di ricerca e di attesa. A seguito di questo periodo però, che può essere di breve o lunga durata, il poeta esce allo scoperto e con il suono delle sue parole deve saper colpire (proprio come la zanzara) e infastidire il lettore, lo spettatore, la società in cui vive e procede nel suo percorso artistico e nella quale talvolta si nasconde, perché spesso il poeta legge il mondo come una palude da riempire e scuotere, da emozionare. Per fare questo, per alimentare se stesso, come la zanzara, deve nutrirsi delle vite degli altri. Per questa sua natura il poeta è spesso ritenuto un animale fastidioso, una belva da mettere in gabbia, perché come le zanzare il poeta subisce l’influsso del sangue. Chi non sa fare ciò non può, secondo il mio modesto pensiero, essere considerato poeta. Nella palude, nel bosco, in riva al fosso, ci sono le zanzare e tanti altri insetti. Il poeta è come la zanzara: sa pungere. Tutti gli altri non sono altro che la miriade di altri insetti incapaci di essere pungenti.
Può questo essere motivo sufficiente per orientare la scelta del titolo da dare a una collana di poesia? Ovviamente no, non lo può essere.
C’è un altro importantissimo elemento da non tralasciare, ovvero il fatto che a circa tre chilometri da casa mia sono state rinvenute le steli funebri del ramo materno di Virgilio. Il poeta mantovano per eccellenza. Cosa c’entra tutto questo? Ora ve lo spiego…
Nella seconda metà del millecinquecento vennero attribuiti al poeta mantovano alcuni poemetti. Tra questi il CULEX (zanzara in latino). Ebbene, c’è un punto del poemetto in cui si racconta di un serpente, di un contadino e di una zanzara…
Il villico sta riposando all’ombra di alcune piante, ignaro della presenza del serpente che gli si sta avvicinando. Improvvisamente la zanzara lo punge e lo sveglia. Lui, d’istinto, schiaccia il piccolo insetto. Poi si accorge del serpente e lo uccide. Finalmente può riaddormentarsi sereno. Ma in sogno gli appare la zanzara uccisa e l’uomo si rende conto di quanto sia stata importante la fastidiosa puntura dell’insetto che gli ha salvato la vita. Deciderà in seguito di erigere per la zanzara un piccolo mausoleo.
La zanzara rappresenta il poeta, colui che desta la coscienza dell’umanità che non si accorge dei pericoli; colui che per questo viene incompreso e scansato; colui che solo da morto, molto spesso, riceve gratitudine e consenso. Non è quindi sufficiente che la zanzara punga, o meglio che il poeta scriva, deve lasciare un segno, in modo che questo possa essere d’aiuto a chi lo interpreta. Ma ancora non basta: deve farlo partendo dalla proprie radici, senza mai divenire entità estranea al proprio territorio d’origine. Ecco perché da mantovano non ho potuto evitare di rifarmi a Virgilio. Chi con i propri versi non fa questo non può essere davvero considerato poeta. LE ZANZARE sono allora dei piccoli libretti che contengono le punture di alcune piccole bestie che chiamiamo poeti. E in ognuno di questi libretti un poeta parla del suo mondo con i suoi versi per mezzo della sua lingua pungente. E in ognuno di questi libretti, in copertina, appare il ritratto del poeta, fatto da un altro poeta, perché chi meglio di un poeta può tracciare l’identikit di un altro poeta?
(Andrea Garbin)